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Libertà, divertimento e fantasia: la fotografia e le moto per Josh Kurpius, fotografo ufficiale delle Harley & Davidson

Articolo a firma di Silvia Morgana Coniglio

Giugno 2010

Fotografo Ufficiale Harley & Davidson
Josh Kurpius

Josh Kurpius, nasce nel 1982 a Genoa, in Illinois. E’ sempre stato in movimento, un’anima libera venuta al mondo per vagare. Si laurea due volte, nel 2000 alla Genoa-Kingstom High School dove ricevette l’High School Diploma mentre nel 2005, al Columbia College di Chicago, istituto privato d’arte, il Bachelor’s Degree. Spesso, per andare a studiare, Josh utilizzava la motocicletta prestata dal padre e fu da lì che iniziò questa passione per le moto. Al terzo anno di college, con sua mamma, va a comperare una macchinetta fotografica molto semplice poiché senza soldi. Josh ora è fotografo professionista per l’Harley & Davidson ed un anno e mezzo fa si è costruito la sua prima vera moto, ancora da completare ma che lo accompagna ovunque. 

Qual è stato il viaggio più lungo che hai compiuto assieme alla tua creazione?

“Fino ad ora ho avuto poco tempo dato che non è da molto che ho costruito la mia moto. Da Chicago ho compiuto mille miglia fino a Sturges, Sud Dacota, luogo dove si radunano tutti i bikers. Poi ho fatto tutto il giro del lago Michigan, sono tornato indietro fino a Chicago e poi ho percorso 1.500 miglia fino a Milwaukee, dove c’è anche la sede dell’Harley & Davidson”.

Un famoso proverbio italiano dice: “Donne e motori, gioie e dolori”. A te, chi da più soddisfazioni? Donne o Motociclette?

“Beh, io sono sempre stato libero. Assolutamente la moto! Non voglio avere legami anche se ho tentato di averne sposandomi. Però non ce l’ho fatta e dopo otto mesi ci siamo separati: ho preso la mia moto e me ne sono andato”.

Immagina che l’Italia sia una fotografia e devi modificarla o comunque eliminare ciò che non ti piace. Cosa cambieresti?

“Non lo so, mi piace tutto. L’Italia in confronto all’America è relax, tranquillità. Dove abito io invece è tutto di corsa, frenesia e lavoro. A me la vita qui piace molto. Rispetto all’America l’Italia assomiglia agli anni passati. Ho notato la numerosissima presenza di motorini e scooter cosa che nel mio stato non c’è a causa della severità delle forze dell’ordine, le quali appena vedono un motorino parcheggiato nei posteggi delle auto multano salatamente.

L’unica cosa è che dovrebbero esserci più Harley & Davidson”.

Quali sono i lavori più importanti che hai svolto per Harley & Davidson?

“Inizialmente, quando sono andato a Milwaukee con la mia moto alla sede dell’Harley & Davidson, a stento credevano che avessi fatto così tanti chilometri e decisero di darmi una moto loro, un’ Harley quarantotto, al fine che potessi andare a scattare tante foto ritraendo i loro nuovi modelli. Un altro lavoro molto interessante è stato quando mi hanno dato cento dollari e con quelli mi dissero di andare a fare un viaggio per vedere cosa potevo fare con quel budget. Feci quattrocento miglia spendendo cinquanta dollari grazie anche all’aiuto di nuovi conoscenti che mi aiutarono”.

Tre parole che descrivano contemporaneamente le moto e la fotografia.

“Libertà, divertimento e fantasia”.

Devi buttare giù da una torre uno di questi due personaggi: Bush o Obama?

“Sinceramente non seguo molto la politica, sono quasi sempre in viaggio e quando sosto, copro la mia moto con un telo di plastica e dormo con lei anche perché guardare i notiziari mi deprime. Per quello che ne so, butterei sicuramente Bush”.

Oltre a fare il biker, segui altri sport inerenti le moto?

“M’interesso di qualsiasi cosa riguardi le moto, seguo qualsiasi sport inerente ad esse. Ciò di cui mi sono accorto è che negli Stati Uniti, lo speedway come il motocross non sono molto pubblicizzati. Moto sono moto ovunque ed in qualsiasi circostanza”.

Qui in Italia ci sono diversi gruppi di bykers, che hanno sia Harley che altri tipi di moto. Rappresentano la violenza, cosa che da quanto mi è sembrato di capire non è così anche da te, dato che ti aggreghi spesso a diversi gruppi. Qua non sarebbe possibile quindi?

“L’importante è portare rispetto e vedrai che la cosa diventerà reciproca. Io sono neutrale, non mi presento con colori d’abbigliamento che possono rappresentare altri gruppi o altre cose simili. La parola d’ordine quindi è discrezione”.