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 Dicono che la morte sciolga

ogni cosa, tranne 

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ma restano.

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Lonigo nei ricordi tra profumi e colori

giugno 2007

Esistono odori, colori, suoni che per un miracolo biochimico innescano nella memoria di chi li percepisce, lontani ricordi, nascosti negli spazi più reconditi della mente, quasi dimenticati. Talvolta diventano un veicolo per un fantastico viaggio nel tempo e chiudendo gli occhi si vede trascorrere come in un vecchio cinematografo, la lenta pellicola dei ricordi. Così, un assolato pomeriggio primaverile, passeggiavo per una strada di campagna in prossimità di una fattoria. Sull’ampia aia c’era un carro carico di quei ballettoni dalla forma cilindrica dai quali proveniva un intenso profumo di paglia secca che ha innescato il mio viaggio nel tempo. Siamo a Lonigo, circa a metà degli anni sessanta nel cuore di un’estate calda. Le cicale frinivano sugli alti ippocastani dell’ippodromo. Ero un fanciullo quando i netturbini comunali si affrettavano a preparare l’ippodromo per la gara di speedway che si svolgeva circa a metà luglio. C’era un gran movimento di trattori e camion che trasportavano le balle di paglia da mettere tutt’attorno alla pista per evitare ai piloti più temerari di rompersi le ossa. Verso il lato esterno dell’ovale in terra battuta, dai leoniceni chiamato confidenzialmente “circolo”, dove c’era una recinzione metallica veniva legata una lunga stuoia di canapi per porre un limite ai curiosi senza biglietto. Alla competizione solitamente partecipavano i migliori piloti di tutto il mondo, dall’Australia agli Stati Uniti d’America. Lonigo, come d’incanto diventava per noi l’ombelico del mondo. La maggior parte delle persone del paese erano coinvolte in qualche modo nell’organizzazione della manifestazione per mera passione, per condivisione. Di tanto in tanto il parroco del paese di allora, Don Giuseppe, faceva la sua comparsa lungo la Via Roma in sella alla sua Laverda 750 nera. Per la velocità, la tunica schioccava nell’aria come una frusta, sembrava un centauro mandato da Dio a controllare che tutto procedesse bene. Fino alla fine degli anni ’50 al circolo si svolgevano solamente gare equestri, peraltro neppure regolamentari. Due volte l’anno si organizzavano delle gare ciclistiche per dilettanti. Solo con la nascita del Moto Club Lonigo nel 1947, si è potuto iniziare ad organizzare le prime importanti manifestazioni sportive e proprio grazie ad esso Lonigo è stata conosciuta oltre i confini nazionali. Dapprima la partecipazione ai match era solo di piloti italiani e successivamente si allargò al resto del mondo. Foletto, Iliade Melotto e Francesco Lovato erano tre concittadini che gareggiavano per i nostri colori. Spettacolari erano anche le gare dei sidecar e memorabili le imprese della coppia Kolb e Bold. Verso la fine degli anni ’50 le manches si svolgevano per categorie, dalle 125cc, alle 500cc. Solo verso gli anni ’60 si passò direttamente alla classe 500cc. Agli albori i motori utilizzati erano Benelli, Gilera, Ceccato, Guzzi, Rudge, Triumph, N.S.U., Matchless e Velocette. Alcuni piloti in seguito si costruirono loro stessi i motori come il pilota friulano Travagnini che assemblò il motore “Trava”. Impossibile dimenticare il pungente odore di olio di ricino che trafilava abbondantemente fra cilindro e pistone e che miscelato all’alcool metilico come una miscela esplosiva usciva dallo scappamento libero accompagnato da un rumore infernale. Quando arrivavano i piloti stranieri si accampavano con le loro tende in un quarto del circolo ed i loro mezzi stravaganti erano una grande attrazione per i ragazzi che cercavano di ottenere autografi e autoadesivi di marche straniere. Gli ospiti dei paesi dell’est scambiavano volentieri pezzi di motocicletta con jeans, gli olandesi e i tedeschi scambiavano casse di birra con pezzi di ricambio. Al mattino presto si veniva svegliati dal forte rumore di chi si accingeva a collaudare la moto prima della gara. Ci si vestiva in fretta e si correva al circolo a curiosare, vicino ai campioni che tutto l’anno emulavamo con le nostre piccole biciclette. C’era anche Guido Borgato detto “Duccio” il fotografo dello speedway per eccellenza. Le immagini più significative di quei tempi restano opera sua. Duccio cercava sempre lo scatto d’autore, tra giochi di luce e sguardi particolari sapeva cogliere l’essenza. La voce dello Speedway, lo speacker ufficiale per lunghissimo tempo fu la voce di Ivano Vanzan. Memorabili le sue radiocronache soprattutto quando il concittadino Annibale Pretto insidiava i campioni del mondo.